Psicologia dello sviluppo

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Jean Piaget

La psicologia dello sviluppo è una branca della psicologia che studia i cambiamenti che si verificano nel comportamento e nella personalità in funzione del tempo, dal momento del concepimento e per tutto l'arco della vita,[1] e talora anche nota come "psicologia del ciclo di vita".[2] Il cambio di denominazione della disciplina, prima conosciuta anche come psicologia dell'età evolutiva o psicologia infantile, evidenzia lo studio del cambiamento evolutivo e la sua estensione al ciclo di vita; di fatto ormai l'attenzione è posta sul "cambiamento" da una fase all'altra dell'esistenza dell'individuo e non solo sull'infanzia.[1] È certo che i primi anni di vita sino all' adolescenza subiscono il cambiamento maggiore e visibile, ma è altrettanto vero che l'età avanzata richiede processi di adattamento che modificano il comportamento del soggetto.[1][3]

La psicologia dello sviluppo è stata oggetto di discussione per molti secoli.[4] Lo sviluppo dipende, nella maggior parte dei casi sia da fattori biologici che da fattori ambientali, ma è ancora da stabilire in quale misura essi abbiano peso.[5] Questa disciplina mette in relazione linguaggio, abilità cognitive e motorie, comportamento, sviluppo emotivo e sviluppo sociale, per poter spiegare i diversi momenti della crescita di una persona.[5] Si possono individuare due principali linee teoriche, che sono alla base delle ricerche e dei dibattiti: i cambiamenti scaturiscono da fattori innati e biologici secondo una, mentre l'altra pone l'ambiente e la cultura che circondano il bambino come fattori principali dello sviluppo.[5] Per "fattori biologici" si intende l'insieme del patrimonio genetico che influenza lo sviluppo psicosomatico dell'uomo e le sue future competenze, mentre per "fattori ambientali" si intende il complesso di esperienze a cui l'essere va incontro nell'arco della vita.[5]

La psicologia dello sviluppo nasce e si diffonde all'incirca verso la fine del diciannovesimo secolo, grazie anche ai cambiamenti sociali ed economici che permisero una maggiore attenzione nei confronti delle malattie infantili e dell'infanzia in generale. I maggiori esponenti dell'epoca furono di sicuro Jean Piaget (1896-1980) e Lev Vygotskij (1896-1934).[6] Piaget formulò il suo pensiero partendo dagli scritti di James Mark Baldwin (1861-1934).[6]

Sviluppo e maturazione

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Lo sviluppo è un cambiamento incrementale e si compone di due fattori principali: la crescita e l'apprendimento. Per maturazione si parla della modificazione innata della specie, mentre per apprendimento si intende l'insieme di esperienze vissute dall'individuo. Premesso che le tappe di crescita nei bambini sono molto simili in tutto il mondo,[7] si può affermare che entro l'adolescenza lo sviluppo cerebrale vada incontro ai suoi cambiamenti maggiori, ma non si porterà a "termine" prima dei 25 anni.[8][9] A questo punto, un certo numero di abilità vengono dimenticate, pur mantenendo una discreta plasticità cerebrale (possibilità di imparare nuove abilità nel corso del tempo). Allo sviluppo si contrappongono cambiamenti decrementali come il deterioramento, la perdita e la regressione. Durante lo sviluppo possono verificarsi dei fenomeni assimilabili alle perdite (es. audimutismo fisiologico), che in realtà fanno parte della crescita del soggetto.[10] I traumi possono condurre a delle regressioni e a periodi dello sviluppo precedente (fissazioni).

Fasi dello sviluppo

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La psicologia dello sviluppo studia il processo di crescita o organizzazione delle persone, crescita fisica e psicologica. I macroperiodi dello sviluppo sono:

  1. Prima infanzia: da 0 a 24 mesi;
  2. Seconda infanzia: da 24 mesi a 5/6 anni;
  3. Terza infanzia o fanciullezza: da 6 ai 10/11 anni;
  4. Preadolescenza: da 11/13 anni;
  5. Adolescenza: da 12 a 19/21 anni;
  6. Età adulta: da 22 a 65 anni, con un periodo intermedio definito giovinezza non facilmente delimitabile, ma compreso, quasi universalmente, fra i 23 e i 30/35 anni;
  7. Senescenza: oltre i 65 anni. (anche se recentemente si è spostato il limite ai 75 anni[11]

Sino agli anni duemila la comunità scientifica riteneva che lo sviluppo cerebrale terminasse con la prima infanzia. Le ricerche delle prime due decadi del nuovo millennio hanno dimostrato invece che il cervello è estremamente plastico e che lo sviluppo dura fino a 20-25 anni, interessando le funzioni cognitive e il comportamento sociale. Se gli adulti sono un modello sociale e un supporto agli adolescenti, il ruolo-chiave è giocato dal gruppo di coetanei nel quale gli adolescenti assumono un rischio (ad esempio, fumo o alcool) per creare e vedere riconosciuta la propria identità.[12]

Idea d'infanzia

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La nostra immagine dell’infanzia è influenzata da fattori ambientali, sociali e personali. Infatti l’idea d’infanzia si costruisce sulla base delle esperienze e dell’immagine della realtà che ognuno possiede.

La psicologia dello sviluppo propone tre prospettive, ovvero tre diverse idee di infanzia.

Prospettiva storica

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Propone tre diverse immagini del bambino: il bambino come adulto in miniatura, il bambino come vittima e il bambino dei diritti.

Nel Medioevo non esisteva un’idea di infanzia o di bambino e fino all’800 circa i bambini erano considerati come gli adulti, erano degli adulti in miniatura, condividevano infatti giochi e attività e solamente intorno all’800 cominciarono a delinearsi le prime differenze, a partire dagli abiti.

In questo senso è stata fondamentale la rivoluzione industriale che ha portato alla promulgazione dei Factory Acts che hanno portato all’idea di infanzia che è predominante ai giorni nostri.

Il bambino come vittima invece è quel prototipo di bambino sottoposto a maltrattamenti di notevole frequenza. Molto spesso durante il XVII e XVIII secolo questi maltrattamenti erano giustificati dalla morale religiosa. Un orientamento molto diffuso nel 1700 era il metodismo che vedeva il bambino come naturalmente cattivo e per questo doveva essere educato con la violenza e con la forza.

Il bambino dei diritti invece è la figura di bambino che è diffusa tutt’oggi, visto alla luce di bisogni educativi sia della famiglia che della società. Nel 1989 fu emanata la Dichiarazione del World Summit for Children grazie al quale i bambini conquistano dei diritti specifici e una figura specifica e non più subordinata agli adulti.

Prospettiva culturale

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Indaga le differenze che esistono tra le varie culture in quanto gli individui vengono educati sulla base dei valori condivisi della società.

Un esempio riguarda l’atto di tenere i bambini in braccio: nella società occidentale il bambino e la madre sono quasi del tutto “assorbiti” l’uno con l’altro, la madre parla al bambino, gli sorride; mentre nella società Kaluli i bambini sono abituati fin da piccolissimi ad essere rivolti verso l’esterno perché secondo questa cultura i bambini devono sempre essere coinvolti in scambi tra più parti.

Un altro esempio a favore delle differenze tra le varie culture riguarda l’importanza del gioco: nella cultura occidentale il gioco è enfatizzato per favorire le abilità cognitive del bambino; mentre nella società messicana di famiglie a basso reddito il gioco non è ritenuto importante in quanto agiscono sulla base del “modello lavorativo”.

Esistono due orientamenti culturali, uno collettivistico e l’altro individualistico.

Una cultura è individualistica quando enfatizza l’individualità, l’autonomia e la difesa dei propri diritti, esempi di culture individualistiche sono le culture dell’Europa Settentrionale, la Finlandia o la Svizzera.

Invece una cultura è collettivistica quando enfatizza la dipendenza reciproca e la conformità sociale, esempi di questo orientamento sono le culture dell’Estremo Oriente quali la Cina e il Giappone.

Prospettiva personale

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È l'insieme delle credenze riguardo alla natura e allo sviluppo dei bambini, e del ruolo degli adulti al suo interno.

Modelli di studio

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Sin dalla fine del XIX secolo si cercava di affermare il ruolo della ereditarietà come fattore preminente nella crescita del bambino, attraverso le teorie evoluzioniste.[13] Successivamente le teorie comportamentiste incentrarono l'attenzione sull'ambiente di vita e secondo John Locke,[14] esponente di spicco dell'empirismo, la mente del neonato era concepita come una tabula rasa, in cui l'esperienza era l'unica possibilità per sviluppare e creare le conoscenze individuali.[13]

Alla fine degli anni sessanta del XX secolo, con il prevalere del cognitivismo e delle emergenti tecnologie di studio, si ebbe una radicale svolta sull'orientamento teorico del comportamentismo, abbandonando la convinzione che il bambino fosse un individuo incompetente, per la nuova visione di una giovane vita già predisposta ad acquisire abilità sempre più complesse.[13]. All'inizio del 1960 con Herbert Simon si iniziò a parlare di «processo delle elaborazioni del bambino (human information processing)»: la mente veniva considerata come un contenitore di capacità, in pratica il bambino avrebbe utilizzato un programma che utilizzava programmi precedenti per svilupparne di successivi.[15] Questa visione dell'"elaborazione dei dati" portò naturalmente alle neuroscienze attraverso i modelli connessionistici.[6]

Jean Piaget e Lev Vygotskij sono di sicuro considerati, nell'era moderna, gli scienziati più importati per l'avanzamento negli studi della psicologia dello sviluppo.[6]

  • Piaget, nella sua visione, poneva il bambino al centro della scena: grazie alle interazioni con l'ambiente e le figure parentali, aveva la possibilità di migliorare le sue conoscenze.[6] Lo studioso utilizzò sia modelli descrittivi che esplicativi per descriverne lo sviluppo:
    1. I modelli descrittivi si fondano sul ragionamento induttivo e implicano "la generalizzazione" di capacità partendo da situazioni specifiche.[16] In pratica Piaget applicò, a tutta la popolazione di una certa età, delle abilità cognitive che aveva osservato.[16]
    2. I modelli esplicativi si fondano invece sul ragionamento adduttivo e implicano la presenza di una "interferenza" per ottenere una spiegazione possibile attraverso la deduzione.[16]
  • Vygotskij, popolare in occidente solo a partire dagli anni sessanta, sostenne che l'interazione con l'ambiente era fondamentale e necessaria per la crescita cognitiva dei bambini.[16][17] Secondo lo studioso l'importanza della socializzazione sta all'interno dell'«interiorizzazione» che conduceva al passaggio fra linguaggio come strumento comunicativo, al linguaggio come strumento di regolazione.[18] Per Piaget, al contrario, il linguaggio da funzione interna diventa una funzione sociale.[19]
La teoria dello sviluppo secondo Piaget
Stadio Età o periodo Descrizione
Stadio senso-motorio Prima infanzia (0–2 anni) Sono presenti l'intelligenza e l'attività motoria ma non l'uso dei simboli; lo sviluppo delle conoscenze è ancora limitato; la conoscenza si basa su esperienze/interazioni; la mobilità permette al bambino di imparare cose nuove; al termine di questa fase sono già sviluppate alcune competenze linguistiche. L'obiettivo di questo stadio è quello di sviluppare la permanenza dell'oggetto; si raggiungono conoscenze di base della causalità, del tempo e dello spazio.
Stadio pre-operatorio Infanzia (2–7 anni) Sono presenti l'uso dei simboli e le competenze linguistiche; sono sviluppate memoria e immaginazione; il pensiero è non reversibile e non-logico; si mostrano capacità di soluzione dei problemi intuitive; si comincia a comprendere le relazioni inter-personali; si coglie il concetto di conservazione dei numeri; predomina il pensiero egocentrico.
Stadio delle operazioni concrete Tarda infanzia e prima adolescenza (7–12 anni) L'intelligenza è logica e sistematica; la manipolazione dei simboli è relativa a oggetti concreti; il pensiero è ora caratterizzato da reversibilità e dalla capacità di "mettersi nei panni degli altri"; si colgono i concetti di conservazione della massa, lunghezza, peso e volume; il pensiero operativo predomina sul pensiero non-reversibile ed egocentrico.
Stadio delle operazioni formali Adolescenza e età adulta (12 anni e oltre)

Si ha l'impiego logico dei simboli relativi a concetti astratti; si acquisisce flessibilità di pensiero così come le capacità di pensiero astratto e di verifica delle ipotesi mentali; si possono prendere in considerazione le possibili alternative di ragionamento e la risoluzione complessa dei problemi.


Per i due autori il ruolo dell'interazione con la società, quindi contesti educativi e didattici, erano imprescindibili per lo sviluppo dei giovani soggetti.[16] Jerome Bruner (1915-2016), pur seguace di Vygotskij, asseriva che lo sviluppo cognitivo fosse profondamente influenzato dalla cultura e che contesti diversi influenzassero sviluppi diversi. Nell'esposizione della sua teoria, Bruner, profondo conoscitore di Piaget e Vygotskij, riuscì a fondere le due componenti: quella biologico-naturale di Piaget e quella socio-culturale di Vygotskij. In particolare lo colpì la zona di sviluppo prossimale, che fu descritta da Vygotskij e non contemplata da Piaget.[20]

Metodi di studio

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Disegni di ricerca

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Disegni longitudinali

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Nei disegni longitudinali si valutano i cambiamenti nel corso del tempo, pertanto si ricercano mutamenti di un bambino o di un gruppo di bambini, per misurarli in tempi diversi e a distanza predefinita.[N 1]

  • Vantaggi: i disegni longitudinali seguono i cambiamenti dello sviluppo nel tempo;[23]
  • Svantaggi: sono piuttosto costosi e per un numero limitati di partecipanti (lo studio di Meier fu un'eccezione). Un ulteriore limite può essere il cosiddetto «effetto pratica», poiché i soggetti vengono valutati nel tempo sulle stesse competenze.[23] Per ovviare a questo inconveniente vengono proposti stimoli diversi, seppur equivalenti.

Disegni trasversali (Studio Cross-Sectional)

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Nei disegni trasversali (Studio Cross-Sectional) vengono somministrati dei test a gruppi eterogenei di persone, presi nello stesso momento. [N 2]

  • Vantaggi: questi studi sono particolarmente veloci ed economici, ed è possibile applicarli a gruppi piuttosto numerosi. In aggiunta verrebbe meno l'effetto pratica, tipico degli studi longitudinali, per il ripetersi degli stimoli nel tempo;[26]
  • Svantaggi: tuttavia in un dato gruppo di individui, le caratteristiche particolari insite nel gruppo stesso, per esempio secondarie a un possibile bias di selezione, potrebbero inficiare i risultati e condurre a una interpretazione dei dati errata: fatto che non si presenta negli studi longitudinali che osservano le persone in un lungo periodo di tempo.[26]

Ricerche correlazionali

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Le ricerche correlazionali permettono di stabilire se una variabile è associata a un'altra. Questi studi non possono essere considerati sperimentali in quanto le due variabili sono già presenti nell'ambiente e non introdotte con l'esperimento.[27][N 3]

  • Vantaggi: sono studi utilizzabili quando non è possibile adattare e manipolare una variabile;
  • Svantaggi: non permettono di valutare il nesso di causalità fra i processi valutati.[27]

Disegno sperimentale

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Il disegno sperimentaleè un metodo di ricerca che consiste nel misurare una variabile d'interesse, somministrare la variabile e misurarne gli effetti dopo l'esperimento. [N 4]

  • Vantaggi: permettono di comprendere le relazioni di causa ed effetto;
  • Svantaggi: la situazione controllata, può condizionare i comportamenti e le risposte dei soggetti arruolati.[32]

Metodi di raccolta dati

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La psicologia dello sviluppo studia nei bambini le diverse capacità con test dedicati alle loro caratteristiche ed età. [32] Esistono diversi metodi di osservazione tra questi, i principali sono i seguenti:

Osservazione naturalistica o "Real World"

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Nell'Osservazione naturalistica o "Real World" i soggetti vengono osservati nei loro luoghi di vita quotidiani (casa, scuola, luogo di lavoro, eccetera). L'osservatore dev'essere attento (valutando solo ciò che interessa misurare) e privo di pregiudizi. Probabilmente il metodo più difficoltoso per studiare gruppi, poiché molte variabili non possono essere controllate, ma si possono studiare solamente differenze tra gruppi diversi senza assegnazione casuali.[N 5]

  • Vantaggi: consente di osservare il comportamento nel mondo reale senza alcuna manipolazione
  • Svantaggi: i risultati non possono essere replicabili, né estesi a tutta la popolazione.

Osservazione sistematica/strutturale

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La Osservazione sistematica/strutturale viene eseguita in ambienti standardizzati come, per esempio, laboratori di ricerca. Si possono osservare comportamenti rari, di limite e socialmente indesiderabili. È guidata da uno specifico obiettivo conoscitivo e implica procedure particolari, come la registrazione video di quello che è stato osservato o attraverso somministrazione di questionari.[35][36]

  • Vantaggi: di certo è una procedura replicabile
  • Svantaggi: potrebbero però entrare in gioco degli artefatti nelle risposte, dovuti alla presenza dell'osservatore.

Osservazione quasi-sperimentale

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Nell' Osservazione quasi-sperimentale il ricercatore introduce una modifica guidata da ipotesi predefinite e i partecipanti rimangono in un ambiente noto.[37][N 6]

  • Vantaggi: è possibile individuare delle relazioni di causa ed effetto, poiché lo studio osservazionale si basa su ipotesi di lavoro ben definite
  • Svantaggi: non è dato manipolare completamente le variabili con la possibilità della presenza di una variabile di "disturbo" che potrebbe modificare i risultati ottenuti.

Osservazione clinica

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L'Osservazione clinica è un'osservazione svolta da un clinico/ricercatore esperto; è un metodo descrittivo e può essere utilizzato per individuare un disturbo e orientarsi sulla cura. Piaget utilizzò questo metodo in molte delle sue ricerche.[35]

  • Vantaggi: permette una diagnosi e una terapia
  • Svantaggi: non è una misura standardizzabile, infatti dipende dall'esperienza del singolo professionista.[39]

Osservazione psicofisiologica o dati psicofisici

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L' Osservazione psicofisiologica o dati psicofisici permetteno di evidenziare relazioni fra eventi biologici e psicologici,[40] noti anche come indici psicofisiologici. Infatti vengono rilevate caratteristiche fisiologiche (dette anche "percorsi psicologici"), come battito cardiaco o il funzionamento cerebrale, collegati con determinati aspetti psicologici. È utile per valutare operazioni mentali in soggetti incapaci di verbalizzare (per esempio nei bambini piccoli), tuttavia alcune risposte fisiologiche possono essere ricondotte o causate da fattori diversi.

Osservazione standard (test standardizzati)

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L'Osservazione standard (test standardizzati) è utile per rappresentare una misura oggettiva dei comportamenti, secondo delle valutazioni indipendenti dal giudizio degli osservatori.[41]Si propongono delle domande o degli stimoli, la cui risposta verrà valutata con criteri rigidi: le risposte sono "quantizzabili" e confrontate con un gruppo di riferimento. In questo modo è dato capire se il risultato sarà uniforme nella popolazione o invece si discosta per differenze significative.[41] [N 7]

  • Questionari

Il questionario rappresenta un dispositivo efficace per raccogliere informazioni sullo sviluppo dei bambini[41]. Composto da un insieme strutturato di domande e relative categorie di risposta, alle quali si può rispondere con risposte chiuse o aperte, può essere somministrato a genitori, insegnanti, ma anche ai bambini stessi.[N 8] Il questionario CBLC è stato molto impiegato negli Stati Uniti per evidenziare eventuali comportamenti a rischio in bambini a sviluppo tipico, specie come risorsa di screening in particolari popolazioni, e poter così individuare precocemente degli atteggiamenti associati a disturbi del neurosviluppo come l'ADHD[50].

  • Interviste

Le interviste sono un metodo più o meno strutturato, che comporta delle domande in numero e ordine previsto.[52] Fanno parte dei test di prestazione tipica che misurano tratti quali la personalità o gli atteggiamenti. [53] Le interviste possono essere strutturate, in cui le domande e la successione sono già stabilite, o non strutturate in cui vi è minore rigidità e possono permettere domande più minuziose.[52]

Sia le interviste che i questionari sono dei metodi di raccolta dati molto utilizzati, perché permettono di acquisire in maniera sistematica determinati comportamenti che hanno un effettivo riscontro oggettivabile all'esterno, per esempio attraverso l'attività del clinico.[54] Potrebbero però in realtà soffrire di una condizione limitante, legata alla possibilità che i partecipanti possano rispondere in modo non completamente veritiero, ma più socialmente accettabile.[54]. L' interpretazione dei risultati possono essere riferite alla "norma" o a un "criterio". Nel primo caso si confrontano i risultati di un soggetto al test con la rappresentazione statistica della popolazione, nel secondo caso si confronta la prestazione di un soggetto con un criterio diverso dalla prestazione di altri individui.[55]

Genetica vs epigenetica del comportamento

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Mappa concettuale per il dogma centrale della biologia molecolare.

Fra i dibattiti sulla psicologia umana, presenti sin dagli albori degli studi psicologici, uno è sicuramente ancora di attualità: definito dibattito natura-nutrimento secondo alcuni,[56] o Nurture e Nature secondo altri[57]. Consiste essenzialmente nel dare la risposta sulle origini delle capacità umane innate da un lato o acquisite con l'esperienza dall'altro, per arrivare a interrogarsi anche sul ruolo patogenetico delle informazioni provenienti dall'ambiente e da ciò che può essere frutto dell'ereditarietà genetica[58] Negli ultimi anni è sempre più sfumata l'importanza dell'origine biologica o di quella esperienziale[56], per lasciar sempre più spazio all'integrazione dei due processi che si spiega perfettamente con l'epigenetica[57], che è appunto l'osservazione delle interazioni molecolari fra le informazioni provenienti dall'esterno e quelle provenienti dall'interno, contenute nel nostro DNA.[59]

Se però vogliamo entrare nel dettaglio della disputa, si possono evidenziare diversi punti di incontro fra le due posizioni:

  1. si sa che il genoma[N 9] è composto da una parte relativamente stabile (la molecola del DNA), che potremmo paragonare a un hardware e che in condizioni naturali muta molto lentamente, e da un complesso molto più attivo che interagisce con l'ambiente e che è appunto l'epigenoma, paragonabile a un software.[57][61][62][63]
  2. siamo a conoscenza del fatto che qualsiasi evento interagisca con il nostro software (parlare, mangiare, soffrire, ascoltare: praticamente tutto ciò che ci circonda e che noi percepiamo[64], ci "modifica").[57] Questa trasformazione è inizialmente reversibile [65] e istantanea, ma se ripetuta nel tempo potrebbe apportare modifiche nel nostro hardware in maniera virtualmente irreversibili.[66][67]
Meccanismi dell'epigenetica
  1. lo studio dei gemelli monozigoti o identici e del loro genoma, ha permesso di identificare degli aspetti che "convaliderebbero" entrambe le teorie[N 10] I ricercatori che studiassero il patrimonio genetico di due gemelli monozigoti nella prima infanzia (Nature), lo troveranno essenzialmente identico, mentre chi valuterà il genoma degli stessi individui a distanza di molti anni e immersi in realtà diverse (Nurture), lo troverà significativamente modificato.[70]
  2. vi sono studi che confermano che molte delle mutazioni epigenetiche si trasmettono da una generazione cellulare a un'altra, così da facilitarne e stabilizzarne la diversificazione morfo-funzionale nei vari tessuti[71] Parte dei segni epigenetici nei gameti si possono trasmettere da una generazione all'altra, così si possono trasferire anche anomalie e patologie di natura neoplastica.[72]
  3. le maggiori trasformazioni epigenetiche avvengono in cellule che possano avere un aspetto genomico più "plastico", come le cellule staminali. Alcune "alterazioni" possono essere trasferite alla discendenza attraverso la "male-line" transgenerazionale.[73][74]

A questo punto, come accennato prima, il flusso continuo di informazioni e stimoli molecolari, possono influenzare lo sviluppo di ogni cellula/tessuto e per estensione di ogni organismo, obbligandolo a acquisire, elaborare e fissare ogni singolo evento, dapprima a livello epigenetico a breve termine, e successivamente anche a livello genico in modo permanente.[73]

Breeding selettivo

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Studiando topi da laboratorio, R.C.Tyron mise in evidenza l'esistenza di due tipi di topi: i topi bravi ad uscire da un labirinto e topi meno bravi ad uscire dallo stesso labirinto. Egli divise i topi in base al numero di errori che essi facevano nell'uscire dal labirinto e fece accoppiare topi "intelligenti" con altri topi "intelligenti" e topi meno "intelligenti" con altri topi meno "intelligenti" e scoprì che andando avanti con le generazioni di topi, gli errori diminuivano progressivamente nei topi "intelligenti" e aumentavano progressivamente negli altri. Questo esperimento permise di ipotizzare come possibile causa dell'aumentare/diminuire degli errori dei topi il fattore genetico.

Family studies

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Gli studi familiari si basano sull'ipotesi che se due individui legati da un certo grado di parentela vivono nello stesso ambiente, ci si può aspettare una correlazione, per un certo tratto psicologico, che varia a seconda del grado di parentela che intercorre tra loro. Esistono due tipi di studi familiari in questo senso:

  1. Studi gemellari: studiano i gemelli e le loro caratteristiche in comune, avendo essi un grado di parentela di 1.00 .
  2. Studi gemellari adottivi: si riferiscono a coppie di gemelli separati alla nascita e che non condividono geni con gli individui della famiglia adottiva; sono utili per esaminare i fattori ambientali nello studio.

Va precisato che uno studio condotto su coppie di gemelli identici (monozigoti) che condividono lo stesso ambiente non dicono se un certo tratto psicologico dipende da fattori genetici o ambientali. I fattori causali possono dividersi in:

  • Fattori genetici
  • Ambiente condiviso
  • Unici (ambiente unico) e personali

Metodi per valutare le somiglianze tra gemelli

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Ci sono due strumenti che ci dicono delle somiglianze/differenze fra gemelli:

  1. Correlazione (da 0.00 a 1.00)
  2. Dicotomie e grado di concordanza/discordanza

Il primo si riferisce ancora una volta alla correlazione vista in precedenza in termini quantitativi, mentre il secondo ci dice se un certo tratto psicologico è condiviso o meno da entrambi i gemelli in termini qualitativi.

Inoltre, per spiegare l'ereditabilità di un certo tratto psicologico, si usa un'altra variabile, "h2", definita come:

h2 = 2 x ("correlazione tra monozigoti" - "correlazione tra dizigoti")

Formalizzando:

  • Correlazione tra monozigoti: rMZ
  • Correlazione tra dizigoti: rDZ

per cui la formula diventa:

h2 = 2 x ( rMZ - rDZ)

Le influenze ambientali uniche non condivise (Not Shared) "NSE" si calcolano con la formula:

NSE = 1 - rMZ

mentre le influenze ambientali condivise (Shared) "SE" si calcolano con la formula:

SE = 1- (h2 + NSE)

.

In totale, quindi, si ha che

Fattore genetico + NSE + SE = 1

dove 1 rappresenta il totale delle differenze.

Principi importanti

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  1. Canalizzazione: esistono alcuni genotipi la cui manifestazione è scarsamente o per niente influenzata dall'ambiente. Un esempio tipico è quello della lallazione nei neonati sordi, che si manifesta anche se l'ambiente non influisce immediatamente (i neonati sordi non hanno la cognizione dell'abilità "lallare") ma successivamente.
  2. Range di possibilità: il genotipo di cui siamo dotati influenza il numero delle abilità che possiamo imparare e il grado di competenza a cui possiamo svilupparle.
  3. Interazione gene-ambiente: l'ambiente può influire sul fenotipo di un individuo in maniera attiva (se l'ambiente è stato scelto) o passiva (se non è stato scelto). Un altro tipo di influenza è quella evocativa, ovvero un certo stimolo dell'ambiente evoca una certa risposta nel soggetto al fine di bloccarlo o perpetrare la risposta. Le modalità con cui questa interazione agisce dipendono in gran parte dall'età e dal grado di maturazione dell'individuo.
Note esplicative
  1. ^ Un esempio di studio longitudinale fu la ricerca di Meier e collaboratori (2018)[21], che coinvolse 2 409 236 individui nati dal 1955 al 1991 in Danimarca. I partecipanti allo studio furono seguiti dai sedici anni sino al primo contatto con una clinica psichiatrica dove ricevettero una diagnosi di disturbo bipolare. Solo il 2% che aveva ricevuto la diagnosi di bipolarismo non aveva mai manifestato un disturbo da deficit di attenzione/iperattività, il 26% aveva invece già ricevuto la diagnosi di ADHD e ben il 66% una diagnosi di ADHD associato a disturbo d'ansia. I soggetti affetti da entrambi i disturbi ebbero il 30% di possibilità in più di sviluppare un disturbo bipolare: lo studio longitudinale, in conclusione, suggerì di porre attenzione allo sviluppo si strategie di supporto per i soggetti affetti dalle due comorbidità, per poter ridurre la possibilità di insorgenza di un disturbo bipolare.[22] Lo studio dello sviluppo degli individui deve tenere conto dell'evoluzione continua dell'organismo, cercando di suddividerla in base a criteri rappresentativi. Occorre quindi scegliere un'unità di misura temporale che tenga conto dell'insieme di caratteristiche, comportamenti e intenzioni di un dato periodo ("quadro normativo"). Una volta definite le caratteristiche di una fase sarà possibile descrivere il livello di abilità medio, il discostamento della popolazione da questo livello e, di conseguenza, la variabilità normale. Se ad esempio parliamo della Fase delle 50 parole, possiamo presumere che i bambini a questa età produrranno un numero di parole variabile (presumiamo) tra le 35 e le 70, mentre un numero di parole più basso può indicare un'anormalità.
  2. ^ Si sviluppa, in particolare, un effetto detto di coorte, che si basa sul presupposto che se le tappe di sviluppo sono vicine, ci si potrà aspettare la presenza di differenze dovute al gruppo di appartenenza, mentre se le tappe di sviluppo sono lontane, le differenze potrebbero essere dovute a fattori culturali.[23] Un recente studio trasversale[24] ha indagato la possibilità che un disturbo d'ansia generalizzato influenzasse le funzioni esecutive dei bimbi affetti da ADHD, perciò costruì un campione equivalente per sesso, età, quoziente intellettivo con o senza il disturbo d'ansia. Questi due gruppi vennero poi confrontati con bambini a sviluppo tipico, non differenti per sesso, età e quoziente intellettivo. I risultati indicarono la necessità di differenziare il profilo personale dei bimbi affetti da ADHD e ansia, in quanto coloro che erano affetti da comorbidità risultarono più efficienti nel controllo inibitorio, quasi che l'ansia svolgesse da «fattore protettivo»[25]
  3. ^ Un esempio di studio correlazionale è il lavoro di Levy e collaboratori (2007),[28] che mise in relazione la lettura precoce con la capacità di prendere confidenza con la lingua scritta. Furono 474 i bimbi inglesi partecipanti, fra i 48 e 83 mesi, ai quali fu proposto di leggere dei contenuti, mentre ai genitori fu somministrato un questionario sulla condivisione di letture con i propri figli.[27] I risultati indicarono che la lettura precoce correlava con la dimestichezza dei bambini ai libri e quindi alla conoscenza del sistema di letto-scrittura. [27]
  4. ^ Serve a indagare quanto due variabili sono tra loro legate.[27] La psicologia sperimentale utilizza il disegno sperimentale sin dal 1879 anno in cui Wilhelm Wundt fondò il primo laboratorio a Lipsia.[29] I trattamenti somministrati ai soggetti rappresentano la variabile indipendente, mentre le reazioni dei soggetti, presumibilmente causate dalla variabile indipendente, rappresentano quella dipendente. Se l'esperimento è privo di fattori disturbanti e interferenze, questo tipo di indagine permetterebbe di risalire alla relazione di causa/effetto tra le due variabili in esame.[30] È di vitale importanza l'assenza di altri fattori che potrebbero influire sul risultato finale (sulla variabile dipendente nello specifico) e per ridurre questo rischio i campioni vengono assegnati casualmente (o "in cieco").[31]
  5. ^ Questo tipo di osservazione è particolarmente utile per i soggetti giovanissimi e permette di valutare la normalità di un contesto,[33] ma si corre il rischio che la presenza dell'operatore influenzi alcuni comportamenti dei soggetti e che i risultati non siano sempre replicabili.[32] Pur non essendo una osservazione "non strutturata", non può essere totalmente naturalista/ecologica, in quanto gli studiosi dovranno pur sempre far uso di strumenti per categorizzare e analizzare gli eventi.[32] Per esemplificare si può ricordare lo studio di Dahl[34], che si basò sulle differenze di tono (vocalizzazioni) delle madri di bimbi di 14 mesi, in base alla trasgressione del figlio: nonostante le registrazioni venissero viste a posteriori e due osservatori le analizzassero in modo indipendente, era ovvio che la trasgressione venisse indicizzata alle diverse categorie predefinite.[32]
  6. ^ Piaget utilizzò le osservazioni quasi sperimentali per definire i gradi di sviluppo.[35] Un esempio di ricerca quasi sperimentale è rappresentato da uno studio norvegese del 2015 in cui furono coinvolti 999 bambini nella scuola dell'infanzia al passaggio nella scuola primaria[38]. La valutazione avveniva fra bambini appartenenti a grandi classi aperte (con un numero maggiore di iscritti) e bambini appartenenti a classi normalmente strutturate: come detto in questo tipo di studio i bambini erano già all'interno di un gruppo, e non sarebbe stato possibile spostarli.[35] La ricerca evidenziò una maggiore conflittualità fra gli scolari che avevano frequentato classi aperte rispetto a quelli delle classi normalmente strutturate, nei confronti dei nuovi insegnanti. Per la spiegazione ai dati raccolti fu data la maggior possibilità di cura e stabilità data ai bimbi delle classi più piccole e strutturate da parte del corpo docente. Ovviamente non è dato sapere, e qui si potrebbe ipotizzare una variabile di disturbo, se gli insegnanti delle classi strutturate fossero più preparati dei loro colleghi e se la differenza dei comportamenti notati fosse secondaria alla loro esperienza (?)[35]
  7. ^ La validità rappresenta il grado di accuratezza della misura rilevata, l'attendibilità la sua replicabilità.[41][42] Fra i test standardizzati più usati ci sono sicuramente le scale cognitive che permettono di valutare lo sviluppo cognitivo dei bambini sin dalla più tenera età e sono composte da "stimoli verbali e non". Le scale Griffiths III permettono di valutare bimbi da 0 a 6 anni.[43][44] Lo strumento si compone di cinque scale; la somministrazione è individuale e richiede all'incirca 90 minuti:
    1. Scala "A" (Basi dell'apprendimento): pone attenzione sugli aspetti cognitivi, sulle funzioni esecutive, e su aspetti visivi e uditivi;
    2. Scala "B" (Linguaggio e Comunicazione): valuta le differenze tra linguaggio espressivo (che si riferisce alla produzione di segnali vocali, gestuali o verbali) e ricettivo (che si riferisce al processo di ricezione e comprensione dei messaggi linguistici);
    3. Scala "C" (Coordinazione oculo-manuale): valuta le abilità fino-motorie, la forza e la prensione;
    4. Scala "D" (Personale, sociale ed emotiva): osserva e valuta lo sviluppo sociale, personale ed emotivo del bambino;
    5. Scala "E" (Grosso-Motoria): valuta aspetti come il controllo posturale, l'equilibrio, la coordinazione corporea generale e la resistenza.[43][44]
  8. ^ Un esempio di questionario notevolmente diffuso e impiegato è il Child Behavior Checklist (CBCL) che può essere proposto a genitori ed educatori dai 18 mesi sino ai 18 anni del bambino/adolescente, e al ragazzo stesso dagli undici anni.[45][46][47] "ASEBA" è un acronimo di Achenbach System of Empirically Based Assessment.[48] L'assegnazione del punteggio ai 113 items, o "domande", del questionario avviene tramite una Scala Likert[49] a 3 punti: 2 se l'item è vero, 1 se è abbastanza vero, 0 se è falso.[50] La checklist è organizzata secondo otto scale sindromiche[51] e almeno due aree: internalizzazione ed esternalizzazione[50]
  9. ^ Per genoma umano si intende la sequenza completa del DNA da cui è composto il patrimonio genetico dell'Homo sapiens. Per quasi mezzo secolo si pensava che il DNA fosse un contenitore di informazioni, praticamente immutabile nel tempo.[60] In particolare si pensava che il DNA contenesse un programma base per sviluppare un organismo e che quindi il genotipo fosse una sorta di "programma stabile" capace di programmare il nostro fenotipo[60]. Si credeva che la parte codificante fosse stata deputata a mantenere la specie e a restare immutata nel corso dell'evoluzione. Questo era in sintesi il costrutto su cui si basò il più grande studio in campo biomedico che fu il Progetto genoma umano.[60] In realtà i risultati di questo grande studio furono decisamente diversi da quelli attesi: oltre ad aver isolato una sequenza eucromatica, che è utilizzata in modo esteso nelle scienza biomediche, scoprì che il DNA non codificante era il 98,5% del totale. L'esame delle sequenza ha evidenziato circa 20 000 geni codificanti per proteine, ma solo per l'1.5% , il restante 98,5% sembrerebbe avere la possibilità di regolare e programmare funzioni complesse del fenotipo dell'individuo.[60] Ormai è chiaro che l'aumento delle patologie croniche in tutto il mondo, non possa essere considerato un improvviso incremento di polimorfismi e mutazioni imprevedibili e fortuite, nella sequenza del DNA, piuttosto che si creino variazioni del software epigenetico del soggetto nel primo periodo di vita: il feto modificherebbe il suo software epigenetico attraverso le informazioni dell'ambiente ricevute dalla madre.[60]
  10. ^ I gemelli identici si sviluppano da un singolo uovo fecondato, quindi condividono lo stesso patrimonio genetico, non così per i gemelli fraterni o dizigoti che si sviluppano da due differenti cellule uovo.[68] Gli studi che confrontano questi gemelli ci aiutano a meglio definire l'influenza dell'ereditarietà genetica e quella dell'ambiente.[68] Sono state rilevate numerose similitudini comportamentali anche nei gemelli separati alla nascita, che non venivano pertanto influenzati dagli stessi stimoli ambientali.[68][69]
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